Francesca, Valentina e Lorenzo, soci di Associazione Tatawelo e inviati in Chiapas per il progetto Tatawelo.
San Cristobal de Las Casas, Chiapas, Maggio 2012.
Partiamo di buon ora da San Cristobal per incontrare il direttivo della cooperativa Ssit Lequil Lum. Sono momenti concitati ed emozionanti, la giornata è splendida ed il caldo comincia già a farsi sentire. Iniziamo così il nostro viaggio – direzione nord – alla volta di Roberto Barrios un “Caracol” dedicato al capo del dipartimento dell’agricoltura alla fine degli anni ‘50.
La destinazione di per sé non è molto lontana, ma le strade in Chiapas sono un susseguirsi di curve e tornanti sali e scendi attraverso paesaggi mozza
fiato che cambiano a seconda dell’altitudine, e quindi facendo un ottimistica previsione, quasi sei ore.
Il nostro “piloto” come lo chiamano qua, guida rapido ma con la sicurezza di chi è abituato a queste strade. Rallentiamo solo in presenza dei centinaia di “topes” in cemento disseminati lungo il cammino, per evitare di rompere gli assi e gli ammortizzatori della macchina. Sono una delle cose che rimangono impresse nella mente e nel “fondoschiena” di ogni viaggiatore in Messico. (TOPE A 100 M” segnaletica stradale molto gradita a Livorno, dè!!!)
Dopo quasi tre ore e mezzo ci concediamo una sosta – in un piccolo “pueblo” – per mangiare qualcosa e per sgranchirci le gambe. Il caldo è soffocante – ci saranno almeno 40 gradi – e nonostante gli indumenti appiccicati siamo contenti. Il pasto è a base di pollo e tortillas come nella migliore dieta messicana!
Siamo vicini alla meta e sentiamo l’emozione crescere di minuto in minuto, aspettando il momento in cui saremo finalmente in territorio zapatista.
Giungiamo lungo una strada che costeggia un fiume, dopo aver superato delle cave di pietra e lì al lato un cartello su cui campeggia la scritta “ESTA USTED EN TERRITORIO ZAPATISTA – AQUI MANDA EL PUEBLO Y EL GOBIERNO OBEDECE”, scendiamo e aspettiamo l’ok per poter entrare, il viaggio è stato lungo, ma ne è valsa la pena.
All’interno del “caracol” tutto ha una procedura da seguire, ci identifichiamo e aspettiamo che la “JUNTA DE BUEN GOBIERNO” ci riceva per poterle descrivere la missione del nostro viaggio, i nostri propositi e le nostre richieste. Questo a volte può voler dire aspettare ore e ore, se non addirittura giorni. Speriamo che nel nostro caso non optino per la seconda possibilità, visto le ridotte scorte alimentari che ci siamo portati ed il tempo che non gioca a nostro favore.
Il caracol è coloratissimo di murales fatti da vari collettivi da tutto il mondo, casette di legno e cemento sparse qua e là, una piccola “tiendita” su cui campeggia la faccia di Che Guevara e al centro un campo da basket dove giocano alcuni bambini; tutto intorno è pura “selva” tropicale, con alberi altissimi e un sottobosco da dove arrivano migliaia di rumori. Si ha la netta sensazione di essere fuori dal mondo, ma comunque di far parte di una visione più grande della realtà in cui viviamo quotidianamente, e questo non è un sogno.
È passata solo un’ora dal nostro arrivo, qualcuno apre la porta davanti a noi e ci fa cenno di entrare, è giunto il momento di essere ricevuti dalla Junta de Buen Gobierno; l’emozione è tanta e con passo sereno entriamo dentro l’ufficio. Davanti a noi una scrivania di legno, alcune sedie e cinque persone con il passamontagna, simbolo degli zapatisti. Ci sediamo e dopo i saluti di rito comincia la riunione. Fa ancor più caldo che fuori, e vederli così incappucciati ci fa sudare ancora di più.
La descrizione del progetto, gli intenti della nostra visita e la volontà di parlare con i soci della cooperativa; questi sono principalmente i nostri obiettivi che vengono minuziosamente esposti. Sappiamo però che l’ultima parola spetta alla Junta de Buen Gobierno e dopo appena mezz’ora ci congediamo con la speranza di ricevere in seguito una risposta positiva.
Ci dirigiamo verso il “cuarto” che ci è stato assegnato per la notte, una casetta di cemento e lamiera nel bel mezzo della giungla. Posiamo gli zaini e aspettiamo a montare le amache. L’ambiente è spartano per non dire vuoto, una sedia ed un tavolino dove poter cucinare e poco altro, ma questo non ci turba anzi ci fa vivere a pieno questo nostro viaggio. Abbiamo riso, fagioli in scatola, tonno, patate e frutta…cosa si può voler di più?
Nel Caracol nessuno può entrare o uscire a suo piacimento, tutto deve essere monitorato e deciso dal “comitè” di vigilanza e si capisce il motivo. Però il fiume vicino è una tentazione troppo forte, soprattutto con il caldo che fa, quindi chiediamo il permesso per rinfrescarci dopo il viaggio. Dopo un rapido controllo alla zona, ci danno l’autorizzazione per poterci bagnare…l’acqua è fresca, accanto a noi ci sono dei bambini che si tuffano allegramente da una pietra, tutto intorno è selva, è proprio una goduria infinita!!!
Al nostro ritorno una sorpresa; incontriamo dentro al Caracol i soci della cooperativa Ssit lequil lum con i quali, dopo saluti e presentazioni, finiamo a mangiare “tamales y tortillas” dentro ad una “cabaña”. Tutto è avvolto da una allegria contagiosa, ci raccontano del “dia de la madre” appena trascorso, che qui è una festa molto sentita, del matrimonio della figlia quindicenne di Belisario (contento del fatto che adesso tocca al marito mantenerla) e naturalmente del caffè, che è la loro vita. Raccontiamo loro la nostra esperienza con i soci della cooperativa Nueva Esperanza del Bosque accomunati dalla passione per il caffè le cui miscele formano il pacchetto giallo Tatawelo.
Passano poco ed è già ora, l’incaricata del “comitè de vigilancia” viene a chiamarci per dirci che tra pochi minuti saremmo ricevuti dalla Junta, per la riunione che ci accorderà o meno il “visto bueno “di poter visitare la Cooperativa e la “bodega”. Quando entriamo per la seconda volta nell’ufficio, nonostante l’ora, il caldo è opprimente, ma l’atmosfera è rilassata, ci sono anche i soci della cooperativa ed è una riunione dove si respira la democrazia partecipativa dal basso!! L’ufficio è una stanza illuminata solo da una piccola lampadina, e questo rende tutto molto cupo. Dietro i passamontagna della Junta, svetta lo stemma dell’Inter….non ci si può credere. Solo dopo apprendiamo che la squadra in qualche periodo – non troppo lontano – ha sostenuto gli zapatisti…”cooperazione calcistica globalizzata”!!!
Finiamo col buio; la riunione è andata bene, ci salutiamo e torniamo nel nostro cuarto, sveglia prevista alle tre e mezzo – qui non vale l’ora de dios mannaggia (esiste l’ora de Dios quella solare e qualla del verano o del Estado che è quella legale). Dalla selva arrivano le grida – disumane!!! – del “Saraguato”, le scimmie urlatrici che vivono in questa zona. Si monta l’amaca tra milioni di piccoli insetti e andiamo a dormire…”hasta mañana, seguiremos contando, caminaremos preguntando!!!”.