Diario di Valentina e Lorenzo, soci di Associazione Tatawelo e inviati di MondoSolidale in Guatemala per il progetto El Bosque.
7 Maggio 2012
DON QUIQUE y DOÑA ISABEL
Pablo Enrique Garcia è il volto simbolo delle campagne di Mondo Solidale per il progetto del Bosque. Un progetto nato oramai da quasi dieci anni, che ha visto stringere un forte legame tra due cooperative – ma soprattutto ha instaurato un rapporto di solidarietà tra le persone – al suo interno coinvolte.
Faccia allegra e sorridente, con il suo immancabile cappello da baseball del “Ministerio de Salud”, o del giorno del “caficultor” di Anacafè – a seconda dell’umore – è stato da subito il nostro tramite ed il nostro cicerone all’interno della cooperativa Nueva Esperanza del Bosque.
Con la sua impeccabile camicia a mezze maniche, inamidata e stirata a dovere e con il suo Toyota 4×4 beige, del 1982 – con la maggior parte dei pezzi tenuti assieme con spaghi e fil di ferro – è il trascinatore, il punto di riferimento della cooperativa e nonostante da marzo 2011 abbia lasciato la presidenza della cooperativa a don Felipe, ribattezzato per il suo particolare modo di parlare, il bergamasco, è a tutt’oggi il socio più attivo al sostegno delle varie iniziative che quotidianamente gli proponiamo.
Viviamo a casa sua e condividiamo con la sua famiglia ogni singolo momento della giornata e senza dubbio è proprio grazie a questa speciale convivenza che impariamo a conoscerlo sotto diversi aspetti: come “caficultore”, padre e marito. Siamo atterrati su un’altro mondo, ma l’accoglienza e il rispetto che riceviamo è incredibile.
Le condizioni ambientali e logistiche sono certamente difficili al Bosque e ce ne accorgiamo sin da subito, ma abbiamo la certezza di poter contare su persone veramente fuori dal comune, in un contesto come questo.
Si può parlare di tutto senza problemi e meglio se seduti attorno al tavolo davanti ad un bel piatto di “frijoles y tortillas”.
É durante una cena che gli chiediamo di raccontarci del suo viaggio in Italia e delle sensazioni che ha provato durante il mese trascorso a giro per il “bel paese”. Ci racconta senza scomporsi dei difficili preparativi “guatemaltechi” e delle lungaggini burocratiche per fare il passaporto e ricevere il visto d’ingresso, ma sempre con il sorriso sulle labbra.
Descrive minuziosamente le proprie emozioni e l’eccitamento che ha provato sapendo di prendere per la prima volta l’aereo ma anche dei suoi timori nell’allontanarsi per un tempo così lungo da sua moglie Isabel e dai suoi figli. Non riesce a non ridere a crepapelle, ripensando allo stordimento dovuto al fuso orario e alle “stranezze” culinarie italiane: solo pane e neanche una tortilla!!!
Ripensa spesso al suo viaggio e a tutte le realtà del commercio equo che ha avuto modo di vedere e conoscere, sempre col desiderio, non tanto nascosto, di poterci un giorno tornare.
È durante le giornate di visita alle varie “fincas”dei soci della cooperativa, che ci spiega i differenti modi per misurare i terreni. Unità di misura a noi sconosciute che però evocano alla mente racconti d’altri tempi. Una “Manzana y medio” che equivale ad un ettaro, una “Vara del Guatemala” che equivale a 36 pollici o 83 centimetri, le “Cuerdas”, che possono essere di 12 “Brazadas”, ovvero 24 “Varas” o 20 metri, 15 “Brazadas”, 30 varas o 25 metri, 20 “Brazadas” che sono 40 “Varas” o 33 metri. Insomma una gran confusione, ma tutto sommato molto divertente.
Anche Dona Isabel è socia della cooperativa. È una buona cuoca, ed una madre premurosa. Sempre sorridente e allegra, è impegnata in molteplici attività come nella scuola elementare “Los Bordos” e come referente dei corsi gratuiti impartiti da “MAGA” (ministero dell’agricoltura, allevamento e alimentazione del Guatemala) e nell’ufficio della donna del comune di Santa Cruz Naranjo. Gestisce a tempo pieno la sua piccola “Tienda” nella sua casa, ed i guadagni sono completamente investiti per l’istruzione dei figli. Tutte le mattine è un abitudine svegliarsi al suono del battito delle sue mani mentre prepara gustose tortillas.
Ritornando a Don Quique, lo descriverei come una persona pratica e affidabile, con la quale riusciamo a programmare quotidianamente le varie attività e le visite istituzionali. Durante una di queste visite, chiediamo al sindaco di Santa Cruz Naranjo un escavatore per ripristinare la principale strada che collega El Bosque col “resto del mondo”, ma subito ci rendiamo conto delle insormontabili distanze tra “dire e fare” in Guatemala. Ce ne andiamo strappandogli una promessa che ben presto durante il nostro soggiorno diventerà un grottesco ritornello: “Tra quindici giorni!”.
Sin dal nostro arrivo ci accorgiamo dell’emergenza in cui versano molti appezzamenti di terra e soprattutto delle strade del Bosque dopo il passaggio dell’uragano Aghata.
Quique ci racconta di quei drammatici giorni, dove piogge torrenziali e vento hanno spazzato via terreni, alberi, case, piantagioni di caffè e dove l’unico mezzo di trasporto e da lavoro era un asinello. Inoltre i forti smottamenti hanno distrutto tutte le piantine di caffè del semenzaio che gli erano state commissionate e in parte già pagate.
Don Quique ci parla anche di un suo desiderio e cioè che in futuro vorrebbe poter studiare amministrazione delle cooperative, ma per adesso non può per mancanza di soldi…non gli resta che apprendere da autodidatta e con qualche nostro suggerimento…per ora.
Tutte le entrate economiche della famiglia infatti, sono destinate all’istruzione dei figli ed alle varie spese che essi devono sostenere nel tempo. Rimaniamo decisamente stupiti quando ci viene raccontato che quest’anno le spese saranno maggiori per via dell’organizzazione della tradizionale festa per il quindicesimo anno della figlia, “la quinceanera”, il corrispondente della nostra festa d’entrata in società.
La casa di don Quique è per la conformazione dell’aldea, decisamente isolata, ed una delle prime venendo dal lato di Fraijanes. Vicina a grandi fincas di caffè, dove vengono contrattati i contadini stagionali (cuadrillas) delle aree indigene del Quiche e di Huehuetenango è il punto di riferimento, ma soprattutto di vendita di prodotti di tutti i tipi.
Ci sentiamo come a casa e quasi non facciamo caso a quelli, che dall’altra parte del mondo, verrebbero visti come forti disagi. Si apprende di tutto, soprattutto senza le “superflue comodità” nostrane…solo la moka per il caffè non può mancare!
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